Ausstellung „Dietro le quinte“ TRENTO

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Festival Internazionale di Incisione Contemporanea di Trento III edizione, 2020

Dall’1 al 12 febbraio 2021
Spazio Foyer
Via G. Galilei 26, Trento

Cresce in qualità e adesioni il Festival Internazionale di Incisione Contemporanea di Trento
Ci eravamo lasciati lo scorso anno, alla precedente e seconda edizione del FIIC, il Festival Internazionale di Incisione Contemporanea di Trento, con le aspettative che il Festival avrebbe continuato a crescere in adesioni e qualità tra gli artisti. E così è stato, confermando al contempo l’interesse verso la conoscenza di questo linguaggio dalle grandi potenzialità espressive e dalle infinite soddisfazioni. Oltre un centinaio gli incisori italiani e stranieri che hanno risposto al Concorso lanciato dallo Spazio FoyEr di Trento dall’intrigante titolo Dietro le Quinte. Un tema, questo, che poteva riferirsi allo spettacolo, al teatro, visto che il FIIC si lega a “Fantasio”, il Festival Internazionale di Regia Teatrale, quest’anno alla sua 21a edizione in scena al Teatro di Villazzano. Ma che poteva – e così è stato – essere inteso anche in un senso più generale, più simbolico, persino più spirituale.
Impegnativo è stato dunque il lavoro della Giuria tecnica dello Spazio FoyEr composta da Riccarda Turrina, critica d’arte, ma soprattutto “amica degli artisti” come ama definirsi, Paolo Sandri, fotografo professionista di Trento specializzato in paesaggio ed architettura, Rita Demattio, Maestro d’arte e incisora, Mirko Corradini, direttore artistico del Festival Fantasio e del Teatro di Villazzano e con la presidenza di Cristiano Vettore, incisore vincitore del Premio FIIC 2019. Nella selezione delle opere finaliste, il vincitore è stato comunque nominato – così come da regolamento FIIC – da una Giuria popolare formata da attori e registi. Nello sfogliare i grandi fogli di carta con impresse le incisioni la Giuria ha intrecciato considerazioni più tecniche con altre più fotografiche e altre ancora più interpretative, ma nel complesso la Giuria si è trovata con facilità allineata nella selezione. A stupire in modo unanime, inoltre, è stato il gran numero di opere eseguite a maniera nera, conosciuta anche con il nome di mezzotinto, una tecnica che richiede molto tempo: «è un’opera da quarantena – commenta con triste ironia Vettore – perché non richiede l’uso di acidi per l’incisione, è lenta e faticosa, ma si può fare standosene a casa». Tra queste opere, ad esempio, l’incisione su rame dal titolo L’attore , di Fabio Di Lizio, oppure Night Landscape del coreano Kim Seungyeon, un’immagine che s’avvicina a un effetto fotografico. O, ancora, Then IV dell’australiana Cleo Wilkinson capace, pur nella complessità della tecnica, di coniugare tradizione e libertà espressiva. Anche quest’anno tra i partecipanti sono molti i giovani, in egual misura uomini e donne, ma quello che fa piacere agli organizzatori del FIIC – che vi investono tanto tempo e passione – è la ricorrente adesione di incisori presenti anche nelle trascorse edizioni, a riprova della considerazione e del prestigio che questo Festival sta assumendo. E, come si diceva, con una qualità sempre più alta, trasferita su opere dai contorni più tradizionali, classici e altri invece più innovativi. Nelle prime si distingue ad esempio l’acquaforte La luce del sole del veneto Gianni Favaro, tra i partecipanti più anziani, una natura morta in grado di restituire rigore tecnico e poesia. E un lirismo onirico fatto anche di atmosfere sospese è la sensazione che riesce a trasmettere Boscourbano della russa Anna Budkova: «è un’immagine rasserenante, sembra di camminarci dentro» commenta Riccarda Turrina. E corrisponde in effetti alle intenzioni dell’artista, al suo camminare negli angoli verdi nascosti delle città, al suo “dietro le quinte”! La giovane Guendalina Cristiano, invece, con Custodiscimi , titolo che riprende un versetto dal “Libro dei Salmi” ( Custodiscimi come la pupilla degli occhi ), si fa interprete di un minimalismo esistenziale qui espresso nella maniera allo zucchero e acquaforte e stampa poi a secco. Un simbolismo percepibile con ancora più evidenza in Acque inferiori di Valentina Zavoli, incisora italiana ma residente a Vienna: «tutte le dimensioni e gli strati del nostro mondo convivono all’interno di ogni essere presente nella terra e sono in questo modo interconnessi» scrive a margine della sua opera che vede l’immagine di un pesce scandito dal disegno di una pianta.
Diverse anche le misure della matrice scelte dagli artisti, all’interno comunque del formato stabilito dal Concorso: c’è chi, nella stampa, ha riempito il foglio, come Solo del giovanissimo Marco Pona, opera dal forte impatto visivo realizzata con la non facile tecnica mezzotinto, acquatinta e puntasecca, e chi ha preferito la forma circolare come Carmine Maurizio Muolo di Monopoli, con Aquario . E poi ci sono coloro, pochi, che hanno optato per il colore. Tra questi Florida Xheli, incisora albanese, che titola Specchio rosso un’immagine «di nuvole… che continuano a passare e passeranno sempre continuamente» – citando i versi di Fernando Pessoa – ottenuta con la tecnica a vernice molle e acquatinta. Un segno morbido e poetico il suo, come un effetto fluido è quello che ci restituisce Cecilia Maran con Mare nostrum , anche lei giovanissima, di Padova, attraverso la tecnica acquaforte, marbling e morsure dirette con acidi: «il Mare Adriatico si trasforma così in un’impronta geografica dove la profondità corrisponde alla sovrapposizione di più lastre di zinco» sottolinea Paolo Sandri da un punto di vista fotografico.
Le valutazioni tecniche, progredendo nel corso della selezione, sono quindi andate sempre più intersecandosi con altre dalle valenze letterarie, narrative, come per Errando II di Lanfranco Lanari, un’opera che richiama la metafisica, un’architettura sognante eseguita con una buona costruzione dello spazio e distribuzione della luce, «capace di raccontare» come suggerisce Mirko Corradini da uomo di spettacolo quale è. In generale, in qualunque modo, è bene ricordare che in tutte le tecniche calcografiche gli artisti lavorano specularmente, “al buio”, e il momento della verifica avviene nella stampa, al torchio. Non sono concessi ripensamenti e l’incisore sa che i suoi gesti, il suo incidere, mordere, sfregare con pagliette, cospargere la lastra di sabbia o zucchero, devono corrispondere a un pensiero ben preciso, consapevole. È una disciplina interiore quella che regola di fatto il fare arte per gli incisori. Ogni stampa, ogni copia riprodotta è di fatto un’opera unica, originale.
Silvia Vernaccini